Il primo maestro

Non abbiate vergogna del calore del vostro cuore, avvicinatevi un po’, non posso fare a meno di raccontare questa storia..

Così lo scrittore Tschingis Aitmatov, diplomatico e ministro di Gorbacev durante la Perestrojka, ci introduce alla storia de “Il primo maestro” edito da Marcos Y Marcos.

1924. Siamo in Khirghisia, nel villaggio di Kurkurei, sulle pendici montane. In questo scenario si realizza la storia del maestro Djujsen e dell’alunna Altynaj, orfana quattordicenne affidata agli zii che la maltrattano.

L’infanzia dei bambini del villaggio viene descritta come un’infanzia trascurata, in cui nessuno ha mai avuto cura di loro.

Djuisen , seppur analfabeta, spinto dagli ideali in cui crede, all’indomani della rivoluzione d’ottobre, crea una scuola da una scuderia in disuso, e poi passa in ogni abitazione a prendere i bambini per portarli in aula, incontrando la resistenza dei familiari. Questo giovane uomo che viaggia con un lungo cappotto da soldato di panno nero, e si carica sulle spalle i bambini per permettere loro di attraversare il fiume gelato ed andare a scuola, incarna un modello di grande umanità, che porta una luce nuova in una società ancora molto arretrata.

Altynaj ha voglia di imparare, ma soprattutto ha bisogno di affetto e si affeziona immediatamente alla figura del giovane maestro. Leggendo la storia si intuisce che tra la ragazzina ed il maestro si instaura un sentimento forte e puro che li lega, e che, pur non realizzandosi mai, è degno di un grande amore.

Aitmatov riesce a raccontare la storia di Altynaj, una vicenda molto dolorosa esemplificativa della sorte di alcune ragazzine vendute a quei tempi come seconde mogli, violentate e maltrattate senza alcun diritto, con toni poetici e delicati, illuminando la sofferenza con barlumi di speranza.

Una storia di dolore ma soprattutto di resilienza, una vicenda per sognatori, capaci di credere che a volte la buona volontà anche solo di una persona possa cambiare le cose, e che dal dolore e dalle ingiurie subite si possa rinascere.

Ah pioppi, miei bellissimi pioppi! Quant’ acqua è passata sotto i ponti da quando eravate giovani alberelli dalle foglioline verdi! Tutto ciò che aveva sognato, tutto ciò che aveva predetto l’uomo che vi ha piantati e cresciuti si è avverato. Perchè dunque rumoreggiate così tristemente? Per cosa vi addolorate? O forse vi rincresce che si stia avvicinando l’inverno, che i venti gelidi vi strapperanno le foglie? O sono il dolore e la sofferenza del popolo a scorrere nei vostri fusti?

Si, verrà un altro inverno, e i grandi freddi, e le tempeste spietate, ma tornerà anche la primavera”

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